Pentecostès

 

Chiesa dello Spirito Santo e Sant’Alessandro Maritre
Portoviejo - Ecuador

Testo di Giuseppe Frangi

.... come sapete, il nostro ministero è quello di predicare
e di rendere accessibile e comprensibile, anzi commovente,
il mondo dello spirito, de/l'invisibile, de/l'ineffabile, di Dio.
E in questa operazione, che travasa il mondo invisibile in formule
accessibili, intelligibili, voi siete maestri ...

Paolo VI, Discorso agli artisti, 7 maggio 1964

Voglio riprendere il filo da questo storico discorso che Paolo VI tenne durante il Concilio Vaticano Il in occasione di una messa dedicata agli artisti. Come sempre a papa Montini toccava affrontare di petto delle sconfitte: in questo caso la distanza che si era aperta tra la Chiesa e il mondo dell'arte. «Ci avete abbandonato, siete andati lontano», «portiamo una ferita nel cuore», «voi staccate l'arte dalla vita»; «ma noi vi abbiamo messo una cappa di piombo addosso», «abbiamo fatto ricorso ai surrogati, all'oleografia». Sono alcuni spezzoni dall'omelia in cui Paolo VI senza temere i rischi della sincerità, non nascondeva nulla a se stesso né a chi aveva davanti. Era la prima volta che la questione del rapporto Chiesa-artisti veniva messa all'ordine del. giorno, azzerando ogni retorica. Paolo VI non si era rifugiato in soluzioni accomodanti, ma aveva semplicemente chiesto di riprendere il filo di un'amicizia interrotta. Sono passati quasi 50 anni, il dialogo tra la Chiesa e gli artisti sicuramente è ridecollato, all'insegna di collaborazioni anche prestigiose. Ma quella raccomandazione di Montini («rendere accessibile e comprensibile, anzi commovente, il mondo dello spirito rito, dell'invisibile, dell'ineffabile, di Dio») mi sembra sia sempre stata un po' elusa. È accaduto in questo mezzo secolo un processo paradossale: la Chiesa ha riacquisito prestigio, diventando un palcoscenico ambito per gli artisti; la Chiesa stessa da parte sua ha cercato piena cittadinanza nel mondo artistico aprendo le sue porte, accettando nuovi linguaggi, senza troppe preoccupazioni di esporsi con opere ai confini dell'ortodossia (ma di rischi se ne sono in realtà corsi pochi, perché anche agli artisti conveniva trovare soluzioni accondiscendenti). L'elenco degli artisti che in questi anni recenti hanno "rimesso" piede in chiesa è davvero lunghissimo, a volte persin sorprendente. Tuttavia c'è un qualcosa che non convince in questo fenomeno: ed è un vizio di elitarismo. Così il dialogo tra chiesa ed artisti, ha avuto un testimone muto e lasciato nell'angolo: il popolo dei fedeli, che ha assistito a questi innesti di contemporaneità nelle proprie chiese senza comprendere un granché. Per tornare alle parole di Paolo VI, possiamo dire che la categoria che è stata elusa è proprio la terza: la capacità di commuovere che è propria dell’arte.

Questo lungo preambolo serve per meglio capire la “natura" davvero diversa dell'opera che Gianriccardo Piccoli ha realizzato per la chiesa di Portoviejo, in Ecuador. Mettiamo dunque in fila gli elementi. Come ·racconta il vescovo “committente" Mons. Valter Maggi, nella bellissima testimonianza che apre questo libretto, non c'era molto da "guadagnare" nell'accettare un lavoro come questo. Né in denari, né in visibilità: una chiesa in un paese lontano, con poche speranze che riflettori mediatici si accendessero; un contesto culturale molto semplice; un soggetto molto ben definito da rappresentare. Tutti elementi destinati ad entrare in rotta di collisione con quel poco o tànto di narcisismo che oggi ogni artista si porta dentro. Se Paolo VI aveva auspicato un’amicizia tra Chiesa e artisti, ora possiamo capire cosa intendesse non tanto un'alleanza intellettuale, ma un rapporto umano vero ristabilito. Ed è proprio il nascere di un'amicizia attorno a una tavola, l'elemento che ha convinto Piccoli ad accettare quella committenza in cui era difficile scorgere una convivenza; il racconto del vescovo ne è preziosa e chiara testimonianza. Anche l'opera, nella sua concezione, discende dalla natura di quest'incontro. La Pentecoste infatti è un soggetto a rischio: sono tante le sollecitazioni che può accendere nella fantasia di un artista, compresa la tentazione che come lo Spirito Santo aveva reso comprensibili tutte le lingue, così diventava legittimo prendersi un bel po' di libertà nell'escogitare la soluzione. Soluzione che quasi sicuramente sarebbe andata in direzione di una interpretazione tutta spiritualista e visionaria di quel fatto raccontato da Luca negli Atti degli Apostoli. Piccoli invece come primo pensiero ne ha avuto un altro: ed è stato un pensiero per lo sguardo delle persone che avrebbero avuto davanti l'opera ogni domenica o in ogni momento di preghiera. È con la loro semplicità che ha accettato di fare i conti. E quindi con la domanda che potevano avere nel cuore. Poi c'era anche lo spazio con cui fare i conti. Se la Pentecoste esprime una dinamica, è decisamente dinamica verticale: lo dice la definizione stessa, quando spiega che si tratta della “discesa" dello Spirito santo sopra la Vergine e gli Apostoli. Invece nella chiesa di Portoviejo lo spazio era tutto orizzontale. Per Piccoli si è trattato di un altro vincolo, che è stato però risolto con un’intuizione assolutamente omogenea ai pensieri sin qui fatti. Al centro della composizione ha inserito una Madonna a braccia aperte (accogliendo un suggerimento di Silvano Petrosino); un gesto che dissolve immediatamente ogni cripticità nella resa di quell'evento prodigioso ma nient'affatto esclusivo. Le braccia aperte evocano il senso di una chiamata a partecipare, a stare vicini al cuore infiammato di Maria, tanto infiammato da aver arrossato la garza: lo Spirito Santo è per tutti e non per pochi.

La Madonna con il suo candore è davvero il perno, non solo geometrico, dell'opera. Lo è per via di quel mix di antico e di contemporaneità che si intravede nella sua postura. L'antico è in quel suo rifuggire da ogni atteggiamento ad effetto; in quel suo intrinseco pudore; in quella tranquillità piena di certezza. Il contemporaneo invece è nel suo stile, nell'eleganza semplice ma al passo con i tempi, nell'attenzione a ciò che anche l'apparenza comunica: non è un caso che a posare sia stata una ragazza reale, conterranea di Piccoli. E che sull'abito, purché fosse bianco, abbia avuto diritto di scelta lei: come confida Piccoli, si è presentata con abito con cinta alta, firmato Zara. Paolo VI avrebbe senz'altro trovato segni di quella commozione che aveva richiesto agli artisti in questa Madonna, vestita di una purezza contemporanea. Lo schieramento di coloro che hanno prestato il loro volto agli apostoli è ugualmente vero e partecipato. Innanzitutto, perché sono volti senza frontiere, ma uniti dall'essere tutti figli della normalità. Secondo, perché guardando verso i fedeli sembrano volerli irradiare con quella stessa luce che ne ha incendiato la vita. La Pentecoste così viene rispettata alla lettera nella sua dinamica "centrifuga": punto di partenza di una speranza che è nata per andare per il mondo, senza eccezioni. Quanto allo Spirito, presenza non vista che da dietro le quinte suscita il coraggio e la baldanza nel cuore di quegli uomini, è evocato da quei fori aperti nel muro della chiesa. Un escamotage semplice perché anche la struttura stessa dell'edificio alla fine possa essere partecipe della rappresentazione della Pentecoste. Un altro modo con cui Piccoli suggerisce che la Pentecoste è davvero un fatto per quel popolo umile e semplice che ogni domenica si raduna nella chiesa di Portoviejo.